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Di recente è stata rilasciata la spiegazione ufficiale per il raccapricciante mistero della strage del gruppo Djatlov. Le circostanze misteriose in cui morirono gli escursionisti e la totale assenza di indizi ha generato negli anni una lunga serie di teorie più o meno infondate e fantasiose, nate in mancanza di una spiegazione convincente alla vicenda, diventata nel frattempo famosa come “l’incidente del passo di Djatlov” (dal nome del capo della spedizione).

Una spedizione di oltre sessant’anni fa rimasta avvolta nel mistero

Era la notte del 2 febbraio 1959 e nove escursionisti erano accampati sul pendio del Cholatčachl’, una montagna della catena degli Urali, in Russia, con un nome traducibile con “Montagna della morte”. Il gruppo era composto da sette uomini e due donne, quasi tutti sui vent’anni e membri del Politecnico degli Urali di Ekaterinburg. Erano nel mezzo di una lunga escursione con gli sci, da cui nessuno sarebbe tornato vivo. Dopo diversi giorni i loro corpi furono trovati sparpagliati nella zona dove si erano accampati, semi-svestiti, alcuni senza segni di traumi e altri con fratture gravi al cranio e al torace. Alcuni di loro erano senza gli occhi, e uno addirittura senza lingua.

Per più di sessant’anni la storia gli avvenimenti sono rimasti avvolti nel mistero, ma adesso un articolo pubblicato di recente su Communications Earth and Environment ha trovato una spiegazione plausibile e scientificamente valida, e forse deludente per chi negli ultimi decenni aveva vagheggiato di bestie feroci, strani fenomeni naturali o addirittura di alieni o paranormali. Secondo questo articolo fu invece probabilmente una valanga, anche se di tipo particolare, a uccidere gli escursionisti, ma i parenti non ci stanno.

La storia della spedizione in breve

I nove escursionisti progettavano di percorrere circa 250 chilometri, per una spedizione forse organizzata dal partito comunista locale. Erano partiti il 25 gennaio da Ivdel’, l’ultima città che avrebbero incontrato prima di addentrarsi nella zona montuosa e inospitale che dovevano attraversare. Dopo che un membro aveva fatto ritorno a casa per un problema al ginocchio, rimanendo di fatto l’unico sopravvissuto della spedizione, gli sciatori si presume persero momentaneamente l’orientamento, decidendo di accamparsi sul pendio della montagna per aspettare che se ne andasse il brutto tempo.

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Preferirono non raggiungere il vicino bosco, forse per non perdere la quota faticosamente raggiunta, ma fu proprio questa decisione su dove decisero di allestire il campo a causarne la morte, sempre secondo il recente articolo.

Diversi giorni dopo l’incidente, dopo che gli escursionisti avevano mancato l’appuntamento per telegrafare a casa, furono avviate le complesse ricerche, che coinvolsero studenti, insegnanti, polizia ed esercito. Quando il 20 febbraio i soccorsi arrivarono sul posto trovarono la tenda semisepolta nella neve, e tagliata dall’interno. Dopo un giorno venne trovato un corpo, vicino a un albero di cedro. Dopo qualche settimana, man mano che la neve si scioglieva, emersero gli altri corpi.

Immediatamente dopo la scoperta dei corpi, fu avviata un’indagine. A quel tempo, una visita medica forense stabilì che sei escursionisti erano morti di ipotermia, mentre altri tre avevano fratture che potevano essere state causate da “un impatto di una grande forza”, la cui fonte l’indagine non era in grado di stabilire.

Il 28 maggio 1959, la procura della Regione di Sverdlovsk chiuse il caso, scrivendo come probabile causa di morte, nelle conclusioni, una formula vaga:

“Sono stati sopraffatti da una irresistibile forza sconosciuta”.

Secondo l’ufficio del procuratore, il caso venne poi secretato a causa di un documento che dettagliava i metodi segreti per ottenere informazioni utilizzati durante l’inchiesta. Per questo motivo, anche tutti gli altri materiali furono classificati.

Questo è sembrato strano a molti e ha contribuito ad alimentare negli anni ’90 storie molto fantasiose e addirittura documentari e film.

Per citarne alcuni il film fantascientifico in stile finto documentario: “Il passo del Diavolo del 2013” qui di seguito il trailer in italiano:

e tra i documentari segnaliamo questo di seguito che affronta l’ipotesi Yeti:

75 teorie, e ora il caso è improvvisamente chiuso

In totale, la procura ha esaminato 75 teorie su ciò che potrebbe essere accaduto al gruppo Djatlov, ma le più popolari erano nove, tra cui: un ufo, un test missilistico, un’esplosione nucleare, un uragano, un terremoto negli Urali settentrionali, una valanga e persino una scaramuccia con dei sabotatori stranieri paracadutatisi in Unione Sovietica.

La teoria di un’esplosione nucleare è stata scartata, perché non sono state trovate tracce di radiazioni sugli effetti personali degli escursionisti. Anche la teoria del lancio di un missile è stata respinta: nei giorni in cui la spedizione era in corso, dei lanci venivano effettivamente effettuati dal campo di addestramento di Kapustin Jar, ma il lancio era molto lontano dal passo. Gli oggetti volanti di cui alcuni testimoni oculari avevano parlato sono stati liquidati dall’indagine come un’illusione ottica. La teoria di un uragano è stata respinta dai climatologi e nessun terremoto è stato registrato in quei giorni.

Quindi il caso è stato chiuso con l’ipotesi ritenuta più attendibile, e cioè una valanga

L’ipotesi della valanga, in realtà, era stata avanzata dalle autorità russe già nel 2019, quando il caso del passo di Djatlov era stato riaperto a causa di un pressante interesse dei media. Tuttavia rimanevano dubbi a causa della mancanza di prove sostanziali. In particolare non tornava un punto: secondo l’indagine, la presunta valanga sarebbe avvenuta almeno nove ore dopo l’installazione della tenda che avrebbe contribuito a provocarla. Perché?

Gli autori dell’articolo – i ricercatori Johan Gaume, della Scuola politecnica federale di Losanna, e Alexander Puzrin, del Politecnico federale di Zurigo – hanno provato a dare una spiegazione. Innanzitutto, hanno scoperto che il terreno ondulato del Cholatčachl’ aveva tratto in inganno le prime rilevazioni: in realtà la parte di terreno dove erano accampati gli escursionisti è molto vicina ai 30 gradi, un’inclinazione sufficiente a innescare una valanga. Lo scarto di nove ore tra l’allestimento della tenda e la valanga è invece spiegato dai “venti catabatici”, cioè quei venti molto forti che vengono giù lungo i pendii delle montagne: secondo i ricercatori, trasportarono grandi quantità di neve verso l’accampamento, aumentando il carico sul cumulo tagliato.

Gaume e Puzrin hanno quindi messo a punto un simulatore di valanghe, con l’aiuto delle animazioni del film Disney Frozen: Gaume aveva trovato estremamente realistico il modo in cui veniva reso il movimento della neve nel film, e decise quindi di andare negli Stati Uniti a parlare con chi ne aveva curato gli effetti speciali, per farsi aiutare con il simulatore. I ricercatori hanno poi calcolato che la lastra di neve in questione fosse grande all’incirca quanto un SUV, e si sono avvalsi dei dati di un crash test effettuato dalla General Motors su alcuni cadaveri, negli anni Settanta, per valutare l’impatto della lastra sul corpo degli escursionisti.

Stando ai dati raccolti, hanno concluso che una lastra di neve di quelle dimensioni poteva facilmente rompere le costole o il cranio di una persona sdraiata su un supporto rigido. Era il caso degli escursionisti, che per dormire avevano usato gli sci come base d’appoggio.

Lo studio, comunque, non spiega il perché tutti gli escursionisti siano poi usciti fuori dalla tenda, né perché siano stati trovati parzialmente svestiti, così come non spiega il perchè qualcuno avrebbe tagliato con un coltello la tenda dall’interno o ancora come mai tra i cadaveri uno era senza gli occhi e uno senza la lingua.

Queste questioni rimangono aperte, anche se sono state fatte delle ipotesi: impaurite dalla valanga, le persone che non avevano riportato ferite potrebbero aver pensato di trovare riparo tra gli alberi poco distanti, trasportando i feriti e cercando di soccorrerli, ma finendo per morire tutti di ipotermia. Per quanto riguarda il fatto che fossero in parte svestiti, in molti ritengono che possa essere una conseguenza del cosiddetto “spogliamento paradossale”, che avviene in certi casi di ipotermia quando una persona è in stato confusionale e sente un forte calore che la induce a spogliarsi. La mancanza degli occhi e della lingua potrebbe essere invece opera di qualche animale.

«Questo studio non cerca di spiegare tutto ciò che successe quel giorno del 1959», ha detto Gaume a National Geographic. «Semplicemente, offre un resoconto razionale degli eventi».

“I parenti non accetteranno questa conclusione sulla valanga. […] Questa indagine non ha prodotto nulla”, ha detto l’avvocato.

Ha continuato sottolineando che l’indagine stessa era illegale poiché il caso era stato chiuso, ed è solo nell’ambito di un procedimento penale aperto che possono essere condotte nuove indagini e controlli.

Il punto di vista di Chernousov è stato ripreso dal capo del fondo commemorativo del gruppo Djatlov, Jurij Kuntsevich, il quale ha affermato che il fondo cercherà di far riaprire ufficialmente le indagini.

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